

Torniamo un attimo al vaso di ceramica giapponese, perché è proprio in questa splendida, quanto complessa, cultura che si trova una pratica che dona all’errore la possibilità di avere un quid in più.
Che succede quando ai giapponesi si rompe un oggetto? Non è l’inizio di una barzelletta anni ’90 ma una riflessione su un modo diverso di interpretare la realtà: la prima reazione di dispiacere, comune a ogni essere umano di fronte a qualcosa che si “frantuma”, è seguita da una vera e propria operazione di valorizzazione della rottura, tramite la tecnica del “Kintsugi”, letteralmente “riparare con l’oro”. In questi casi le crepe e le spaccature dovute alla rottura vengono riempite con l’oro, riparando così l’oggetto e donandogli un aspetto nuovo attraverso le venature dorate che rappresentano delle vere e proprie cicatrici che impreziosiscono l’oggetto anziché togliergli valore. Ogni pezzo riparato è irripetibile proprio grazie ai suoi punti di rottura e alle irregolarità delle “ferite” che si formano; il pensiero sotteso è che quando qualcosa ha subito una rottura e presenta delle ferite, valorizzandole e custodendo la storia che le ha provocate, diventa più bello e più ricco, sia esteticamente che interiormente. Mentre nella cultura orientale le crepe vengono valorizzate e aumentano il valore dell’oggetto, nella nostra cultura un oggetto rotto viene buttato e sostituito con uno integro e funzionante; spesso si tende anche a nasconderlo, come se ci si dovesse vergognare, anziché migliorarlo e esaltarlo.
