LE RISORSE DEGLI SBAGLI, COME RIEMPIRE D’ORO UNA FERITA

homer doh
 Quando noi comuni mortali sbagliamo, che sia a lavoro, nella vita quotidiana o in qualsiasi situazione, generalmente (a seconda della gravità dell’errore commesso) reagiamo arrabbiandoci e ingigantendo l’accaduto, prendendocela con noi stessi, con un’altra persona o con un fattore esterno e spesso allarghiamo l’aura di negatività ad altri ambiti e altre relazioni, creando così una valanga emotiva di rabbia e auto svalutazione che oltre a non aiutare nel rimediare all’accaduto, spesso ci immobilizza e non ci permette di continuare il nostro operato. Se questo modo di reagire diventa il nostro schema mentale, ci porterà a interpretare la realtà con una lente d’ingrandimento negativa con un focus sull’errore piuttosto che sulla soluzione da adottare e non ci permette di scovare le risorse nascoste del nostro “sbaglio”. Perché esistono, ci sono. Quindi non disperatevi se avete dimenticato il sale nell’acqua di cottura della pasta, se avete sbagliato il destinatario della mail a lavoro, dimenticato un appuntamento importante o se avete appena rotto in mille pezzi un prezioso vaso di ceramica Satsuma di zia Clelia. C’è sempre una soluzione, ma spesso non si riesce a scorgerla all’orizzonte perché è offuscato da nubi: la paura delle conseguenze, il giudizio (proprio e degli altri), la reazione di chi sarà leso dal nostro errore e la confusione rispetto a quale soluzione adottare.
KINTSUGI

Torniamo un attimo al vaso di ceramica giapponese, perché è proprio in questa splendida, quanto complessa, cultura che si trova una pratica che dona all’errore la possibilità di avere un quid in più.

Che succede quando ai giapponesi si rompe un oggetto? Non è l’inizio di una barzelletta anni ’90 ma una riflessione su un modo diverso di interpretare la realtà: la prima reazione di dispiacere, comune a ogni essere umano di fronte a qualcosa che si “frantuma”, è seguita da una vera e propria operazione di valorizzazione della rottura, tramite la tecnica del “Kintsugi”, letteralmente “riparare con l’oro”. In questi casi le crepe e le spaccature dovute alla rottura vengono riempite con l’oro, riparando così l’oggetto e donandogli un aspetto nuovo attraverso le venature dorate che rappresentano delle vere e proprie cicatrici che impreziosiscono l’oggetto anziché togliergli valore. Ogni pezzo riparato è irripetibile proprio grazie ai suoi punti di rottura e alle irregolarità delle “ferite” che si formano; il pensiero sotteso è che quando qualcosa ha subito una rottura e presenta delle ferite, valorizzandole e custodendo la storia che le ha provocate, diventa più bello e più ricco, sia esteticamente che interiormente. Mentre nella cultura orientale le crepe vengono valorizzate e aumentano il valore dell’oggetto, nella nostra cultura un oggetto rotto viene buttato e sostituito con uno integro e funzionante; spesso si tende anche a nasconderlo, come se ci si dovesse vergognare, anziché migliorarlo e esaltarlo.

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